Costruzioni, in Friuli sintomi di recupero
Non una ripresa, perché in nove anni il settore si è più che dimezzato per imprese, addetti e ore lavorate. Per il grande malato, però, potrebbe essere incominciata la convalescenza: a dirlo il termometro più attendibile del comparto delle costruzioni, la Cassa edile, che rispetto all’inizio dell’anno mostra indici finalmente in ripresa.
Dopo i valori minimi storici toccati a gennaio, con meno di 3mila occupati in provincia di Udine, divisi in 664 imprese, e per sole 258mila ore lavorate nel mese, sembrano emergere i primi segnali di una possibile inversione di tendenza. Incoraggiante, in particolare, il dato delle ore lavorate, che sia a marzo che a maggio ha superato quota 400mila, un valore quasi mai raggiunto lo scorso anno e analogo a quello dello stesso mese del 2015. Fuori luogo parlare di ripresa, se è vero come è vero che nel 2008 si viaggiava con una media mensile di 6.500 operai e 800mila ore lavorate, ma la crescita registrata nel corso di quest’anno potrebbe segnare quantomeno la fine di una caduta libera che durava ininterrotta da 9 anni.
Questa, almeno, è la sensazione del principale sindacato di categoria, la Fillea Cgil, come spiega il segretario provinciale e regionale Emiliano Giareghi: «Stiamo parlando ““ dichiara ““ del settore che più degli altri ha pagato il peso della crisi e che, nello stesso tempo, più degli altri può contribuire a far ripartire l’economia. Purtroppo la recessione non si è fatta sentire soltanto in termini quantitativi: la scomparsa di tante aziende storiche, ultima delle quali la Vidoni, lascia un vuoto difficilmente colmabile anche in termini di qualità , professionalità , competitività . Quello che sta provando a ripartire oggi è un comparto più povero, meno strutturato, più esposto ai rischi di “colonizzazione” da parte di imprese di altre regioni e, purtroppo, anche all’illegalità ».
Di sicuro, in ogni caso, le prospettive di recupero sono strettamente legate all’andamento delle opere pubbliche. L’onda lunga della crescita che aveva caratterizzato il settore fino al 2008, infatti, ha lasciato dietro di sé un’eredità pesantissima, con volumi tuttora molto alti di invenduto, di case e uffici sfitti, di capannoni abbandonati. «È pertanto evidente ““ dichiara ancora Giareghi ““ che un ritorno al passato è inimmaginabile: il futuro è legato alle opere pubbliche strategiche, alla messa in sicurezza del territorio e degli edifici pubblici, a partire dalle scuole, al completamento della rete fognaria e di depurazione, le cui lacune ci espongono al rischio di salatissime sanzioni da parte dell’Unione europea, alle politiche per la casa e l’edilizia agevolata come l’housing sociale. Senza dimenticare gli interventi di recupero e riqualificazione urbana come quelli messi in cantiere a Udine, che rappresentano un’occasione importante sia per contribuire al rilancio del settore sia in termini di valorizzazione del capoluogo friulano, anche grazie all’appoggio di consistenti risorse provenienti dallo Stato. Questo, però, a patto di tenere sotto controllo il numero di nuove abitazioni e uffici immessi su un mercato ancora saturo e che non può permettersi nuovi choc».